Presso Arezzo Fiere e Congressi si sono dati appuntamento molti imprenditori e i presidenti delle quattro organizzazioni di categoria dell’artigianato e del commercio per denunciare le difficoltà delle aziende e richiamare alla responsabilità politica e istituzioni locali e nazionali.

Una sala gremita di imprenditori da tutta la provincia ha salutato lunedì 28 gennaio, presso Arezzo Fiere e Congressi i presidenti delle quattro maggiori organizzazioni di categoria dell’artigianato e del commercio (Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti), riuniti per la giornata di mobilitazione nazionale fissata da Rete Imprese Italia.

Ad aprire i lavori, dopo il collegamento in diretta streaming con Roma per ascoltare il discorso del presidente di turno di Rete Imprese Italia Carlo Sangalli, è stata la presidente della Confcommercio aretina Anna Lapini: “le spese obbligate oggi incidono per oltre il 33% sul bilancio di una famiglia. Senza contare la pressione fiscale in crescita e il clima di forte incertezza che spegne ogni propensione a spese ed investimenti. Ovvio che i consumi cosiddetti “liberi” siano ridotti all’osso. Ma senza consumi le nostre imprese non ripartono, né quelle del commercio, né quelle dei servizi né quelle della produzione e il Paese resta fermo in una morsa di gelo terribile”. Tra le ricette per uscire dall’impasse, la presidente Lapini ha ricordato la liberalizzazione, che finora ha toccato solo il commercio ma non, per esempio, servizi pubblici e bancari, e una tassazione più equa, che lasci alle imprese risorse per crescere e non le dissangui. “È un sistema quantomeno bizzarro, quello in cui viviamo”, ha detto, “un esempio su tutti: l’aumento delle aliquote Imu nel 2012 ha gravato molte aziende di una vera e propria tassa patrimoniale. In Italia un’azienda proprietaria dell’immobile in cui lavora – anziché essere premiata per aver investito nella propria solidità e perché dà più garanzie –viene punita dallo Stato, da quello stesso Stato che in altre occasioni punta il dito sulle piccole imprese accusandole di essere sottocapitalizzate”.

“Burocrazia, tasse, adempimenti farraginosi ingessano le nostre imprese e portano al collasso l'intera economia”, ha aggiunto il presidente di Confartigianato Ferrer Vannetti, “ogni azienda è costretta a dedicare 86 giorni all’anno per sbrigare le pratiche burocratiche. Questo, in pratica, significa che fino al 30 aprile di ogni anno una persona per impresa è impegnata solo dalla burocrazia”. Ma i paradossi che gli imprenditori si trovano a vivere quotidianamente sono anche altri: “imprese con bilanci civilistici in deficit si trovano a pagare tasse generate da una base imponibile allargata in quanto importanti costi non sono deducibili”, ha detto Ferrer Vannetti, “oltre al danno anche la beffa: perdita da coprire e tasse da pagare. Non possiamo continuare così. Dobbiamo trasmettere più fiducia non solo ai mercati, agli imprenditori ma soprattutto alle nuove generazioni”.

La presidente provinciale di Confesercenti Barbara Brogi ha invece puntato il dito sul drammatico calo dei consumi, che ha riportato il livello della spesa media di una famiglia italiana ad oltre 15 anni fa: “il calo dei consumi ha causato una perdita media di quasi il 10% nel giro di affari delle imprese toscane. Tra erosione del potere d’acquisto, incertezza legata al futuro, alla politica e al lavoro si sta creando un immobilismo pericoloso. Eppure il rilancio dei consumi è l’unico viatico alla ripresa dello sviluppo. Invece ogni giorno siamo tempestati da notizie sconfortanti che agiscono da freno psicologico anche su chi vorrebbe spendere. Adesso poi, l’introduzione di spesometro e redditometro aumenterà i timori”, ha proseguito la Brogi,”non è certo con questi strumenti vessatori che si migliora il bilancio italiano, ma con i tagli alle spese inutili, a cominciare dai costi della politica”.

Ha chiuso gli interventi il presidente di CNA Andrea Sereni: “Meglio tardi che mai!”, ha detto, “finalmente a livello nazionale le associazioni hanno preso atto delle difficoltà del sistema imprenditoriale. Arezzo, su questo fronte, ha precorso i tempi portando la protesta in piazza lo scorso 10 luglio”. Sereni ha poi elencato una serie di dati che focalizzano il quadro allarmante che incombe sul paese: “1471 imprese chiuse per ogni giorno lavorativo nel 2012, la disoccupazione giovanile al 37%, i redditi degli italiani tornati a quelli di 27 anni fa, un'impennata del debito pubblico salito a 2 mila miliardi di euro con un costo in oneri finanziari pari a 100 miliardi di euro, l'equivalente di 4 manovre IMU”. Ha quindi colto l’occasione per una chiamata alla responsabilità della politica: “dalla politica ci attendiamo una svolta forte e chiara come garanzia per la coesione sociale del paese e per assicurare un futuro ai nostri figli”.