Imprese incastrate tra banche e insoluti. Ai tempi della crisi vantare crediti (ovviamente non riscossi) nei confronti dei propri committenti e chiedere aiuto agli istituti di credito oggi non può più bastare per salvare la propria azienda. Nella tormenta della crisi è questo il mix letale ed implacabile che sta portando artigiani e piccole imprese verso il baratro. Un effetto domino, perché di questo si tratta, che si ripercuote violentemente su tutta la filiera: il committente non paga l’azienda che a sua volta non sarà in grado di pagare i fornitori e i dipendenti che a loro volta non saranno in grado di pagare la manodopera nel primo caso, ed alimentare i consumi nel secondo caso. Qualcosa inevitabilmente è destinato ad incepparsi. Sullo sfondo c’è solo il disastro, quello stesso quadro catastrofico che Dino Sodini, Presidente Provinciale Cna Massa Carrara aveva immaginato, provocatoriamente, all’indomani della grande mobilitazione delle imprese apuane che ha portato alla consegna di 1000 chiavi al Prefetto di Massa Carrara. Un’azione simbolica che Cna Massa Carrara (info su www.cna-ms.it) vuole alimentare per continuare a tenere alta l’attenzione nei confronti delle difficoltà delle imprese. “Dopo ci sarà solo il nulla – rilancia Sodini – non sappiamo cosa ci aspetta. Fate un giro nelle aree artigianali della Zia per rendervene conto. Quelle aree che due anni fa erano il fulcro della nostra economia stanno progressivamente morendo. E la colpa non è solo della crisi. Di questo passo, tra qualche mese, anno, andremo tutti al mare o in piazza per tutto l’anno ad ammazzare il tempo”.

Ore 10,30 di un giorno centrale della settimana. L’impressione, appena imboccato il grande cancello spalancato di Via Dorsale che porta nell’epicentro dell’area ex Dalmine, non è positiva. Nessuna auto, nessun camion, nessun muletto in movimento: il deserto. E così è nelle altre aree artigianali dove un tempo c’èra la grande industria e dove la piccola e media impresa aveva riportato lavoro, speranza e denaro. “Sembra di essere a Natale – commenta ancora Sodini – ma siamo a febbraio, all’inizio dell’anno, in un periodo per le imprese, soprattutto quelle della cantieristica solitamente di grandissima produzione e sforzo”.

Nell’area ex Dalmine ci sono molte imprese in rappresentanza della diportistica, del marmo, dell’edilizia e del settore alimentare. Imprese che occupavano centinaia di addetti, oggi costretti alla cassa integrazione e agli ammortizzatori sociali, e forse, molti anche al licenziamento. C’era un indotto importante, un via e vai di camion, persone, idee, energia. Nei lunghi viali che scorrono le file di capannoni e capannoni sono semideserti e le grandi porte di accesso sono serrate. “Una volta qui, un paio di anni fa, si parcheggiava in doppia fila – racconta Sodini – era un problema trovare il parcheggio se dovevi fare visita ad un’azienda. Oggi puoi parcheggiare davanti al cancello”. Un quadro spettrale in parte provocato da quel mix terribile di fattorie che sta affossando l’intelaiatura della nostra economia: “Le imprese artigiane, le piccole imprese sono il 98% del nostro tessuto. Sapete cosa significa? Che senza piccole imprese l’Italia chiude”. Ad accomunare le storie delle aziende della Zia il comportamento delle banche che in un momento negativo e sfavorevole hanno abbandonato le imprese e la difficoltà di riscuotere crediti per prestazioni già eseguite. “Oggi le regole di sopravvivenza e di correttezza non esistono più: le imprese dichiararono il fallimento per non pagare i fornitori e nel migliore delle ipotesi trattano il pagamento di vecchie forniture cercando di ottenere sconti fortissimi dopo mesi, intanto però, chi ha fornito servizi e prodotti investendo su manodopera e materiali ha già pagato, o dovrà farlo. Magari ha anche emesso la fattura e ha pagato l’Iva. L’effetto, alla lunga distanza, è implosivo. Ci sono moltissime aziende sane che si ritrovano con crediti che non sono in grado di incassare e con le banche che piuttosto che aiutare, sollecitano con insistenza e vigore i rientri per gli anticipi fattura o per gli scoperti. Anche le imprese sane, già costrette a mettere mano al patrimonio anche familiare dei titolari, di questo passo, hanno il destino segnato”.

L’altro nodo è quello dell’occupazione, anello cardine dell’economia quotidiana: “Dove è finito l’esercito di addetti delle imprese che popolavano le nostre aree e le nostre imprese – si chiede in maniera provocatoria Sodini – come possiamo pensare di uscire dalla crisi se non rimettiamo in moto il lavoro?”. Infine l’invito al Prefetto, agli amministratori locali, ai Direttori della Banche e degli Istituti di Credito di “fare un giro nelle nostre aziende”: “Non per commiserarle ma per rendersi conto che ci sono potenzialità, energia, progetti, eccellenze che devono essere sostenuti – conclude Sodini – perché da sole, con probabilità, non ce la faranno a passare oltre questo momento storico negativo. Serve l’aiuto ed il contributo di tutti: o siamo spacciati”.