“È necessaria una terapia d’urto per uscire dalla crisi” lo ha ribadito il Presidente CNA Toscana Valter Tamburini illustrando in conferenza stampa a Firenze martedì 4 giugno i risultati di Trend, l’analisi congiunturale semestrale effettuata da CNA Toscana sui dati della contabilità di migliaia di imprese artigiane della regione. L’uscita dalla crisi è sempre più lontana per l’artigianato toscano che comunque conferma il suo ruolo centrale all’interno dell’economia regionale con un fatturato che  nel 2012 si attesta oltre i 6,6miliardi, nonostante un triennio di crisi intensa. Continua però la perdita di valore (-3,7% il fatturato) e molte aziende stanno vivendo una fase recessiva che ormai ne mette in seria discussione la sopravvivenza stessa.

Il quadro che emerge dalla lettura dei dati contenuti nell’analisi congiunturale semestrale effettuata da CNA Toscana –  ha dichiarato il Presidente CNA Toscana – richiede una terapia d’urto, altrimenti il rischio è proseguire nella rilevazione di dati negativi fino al drastico ridimensionamento del sistema produttivo regionale. Ma, con un fatturato che 2012 si attesta oltre i 6,6miliardi di euro, l’artigianato rappresenta ancora la base fondamentale per l’economia toscana. Lo snellimento deciso degli oneri burocratici, la riduzione del carico fiscale e l’accelerazione delle opere pubbliche devono essere le scelte inevitabili che il Governo nazionale deve perseguire con rapidità e decisione. Ovviamente queste sono scelte che dovranno essere intraprese prevalentemente dallo Stato nazionale, ma anche il Governo regionale può svolgere la sua piccola parte”.

“Per quanto concerne le competenze più tipiche della Regione Toscana – ha concluso Tamburini – chiediamo che si proceda il più velocemente possibile nella cantierizzazione delle opere pubbliche e nell’utilizzo dei Fondi residui per gli incentivi pubblici rivolti alle reti, all’internazionalizzazione e all’innovazione”.

La sintesi di Trend, rapporto congiunturale sull’artigianato toscano

quadro generale: il bilancio 2012 dell’artigianato toscano è negativo.

Non si conferma il cosiddetto “effetto-rimbalzo” della prima parte dell’anno, dove il valore solo formalmente positivo lasciava già intravedere i segnali della nuova inversione negativa del ciclo. Tenuto conto del contesto recessivo generale, la dinamica avrebbe potuto essere ancora più pesante; si consolida così il trend negativo che persiste ormai da diversi anni. In generale, ma soprattutto nell’edilizia, si assiste ancora a fatturati in sofferenza, ma la diminuzione, seppur netta, s’inserisce tuttavia in una dinamica costante di crisi. L’economia artigiana ha in sostanza anticipato la crisi “conclamata” vivendo così una lunga fase recessiva di cui non si vede ancora la fine.

Non si manifestano per il momento prospettive concrete di ripresa e gli indicatori “macro” di inizio 2013 lasciano intravedere il persistere della fase recessiva.

In effetti, il consuntivo 2012 si chiude con un’altra pesante contrazione del fatturato aggregato dell’economia artigiana pari al -3,7%, che tradotto in termini contabili rappresenta una flessione di oltre 250,6milioni di euro. Il gap imposto dalla crisi è, infatti, ancora molto ampio e pari a -25,2 punti percentuali, grossomodo in linea con l’output gap riscontrato anche per il sistema industriale nazionale rispetto ai livelli di produzione pre-crisi (dati 2012, dicembre). I vuoti produttivi sono trasversali ai diversi macrosettori economici, anche se le perdite accumulate nel comparto delle costruzioni risultano molto ampie, persistenti e, a questo punto, forse strutturali.

Continua così il doloroso “dimagrimento” del sistema economico artigiano, che determina oltre a modesti livelli di fatturato anche una certa razionalizzazione dei costi diretti di gestione. La “positività” dei consumi (+6,8%) è ancora sostanzialmente causata dall’aumento dei prezzi delle commodities (gas, elettricità, materie prime, ecc.), dal momento che la spesa per consumi è comunque in netto rallentamento rispetto alla tendenza del primo semestre 2012. Solo in lieve calo la spesa per retribuzioni (-0,9%) che sembra “assestarsi” su una sorta di equilibrio al ribasso, tanto in termini di ore-lavorate quanto con riferimento alla domanda di lavoro nel suo complesso. L’effetto-combinato della dinamica costi-ricavi determina un’ulteriore netta flessione dei margini operativi, che risulta ancor più pesante di quella del 2011 (-4,7%).

Questa la fotografia dell’economia artigiana scattata dall’indagine TREND, con la quale CNA Toscana con cadenza semestrale  “quantifica” e “stima” le principali variabili dell’artigianato, attraverso l’analisi dei dati di contabilità di centinaia di imprese a loro volta campionate dall’Istat tra le migliaia che ancora concorrono a sostenere l’economia delle nostra regione, con un fatturato aggregato che nel consuntivo di bilancio del 2012 si attesta oltre i 6,6miliardi di euro. Un monte-ricavi ancora notevole che rappresenta una base fondamentale per l’economia toscana, nonostante il declino strutturale (che ha colpito il comparto artigiano da oltre un decennio), e soprattutto dopo una fase di crisi intensa, che ha lasciato sul terreno un calo ‘demografico’ di 4.691 imprese artigiane (in Toscana questo è il saldo ‘demografico’ tra le aziende artigiane ‘nate’ e quelle ‘morte’ dal 2007 al 2012).   E la moria continua, anzi aumenta: nei primi 3 mesi del 2013 sono nate 2.791 imprese artigiane, mentre le cessazioni sono 4.978 con un saldo negativo di – 2.187; da gennaio a marzo 2013 sono state chiuse 24 imprese al giorno.

dinamiche settoriali: andamenti recessivi nel manifatturiero (-2%) e nei servizi (-0,5%); mentre la situazione è ben più preoccupante nel comparto delle costruzioni (-6,8%)

L’artigianato toscano continua a soffrire in particolare il persistente calo del fatturato del settore delle costruzioni (-6,8%; var% 2011-2012), che risulta penalizzato da un insieme di fattori negativi: crollo del mercato immobiliare, spesa per investimenti assente, vuoto di domanda pubblica, crisi aziendali, difficoltà di accesso al credito per imprese e famiglie, etc. Ciò determina un ridimensionamento che in ottica di medio-lungo periodo assume contorni di tipo strutturale. In ogni caso, la crisi dell’edilizia è condivisa a livello nazionale e, secondo gli ultimi dati diffusi da Banca d’Italia, gli investimenti in costruzioni si sono ridotti di oltre il 6% nell’ultimo anno e il numero delle compravendite immobiliari è letteralmente crollato. 

Guardando al sistema manifatturiero, invece, non si conferma il parziale rimbalzo del primo semestre, ma purtroppo si aggrava la dinamica di rallentamento già evidenziata tra aprile e giugno. Il bilancio del manifatturiero si chiude così con una perdita di fatturato pari al -2%, in sostanza determinata dall’inversione negativa del ciclo nella seconda parte dell’anno. I settori in maggior sofferenza sono il tessile (-7%) e il comparto alimentari (-13,3%), mentre non mancano note positive: per l’oreficeria (+21,3%; anche grazie all’effetto-prezzo dell’oro) e il comparto legno-mobili si può parlare di rimbalzo “tecnico”, dopo le ampie flessioni a due cifre del 2011, mentre la filiera della pelletteria-calzature, comparto dove il fatturato continua a crescere del +7,2% anche nel 2012, conferma il trend positivo dei precedenti trimestri anche se rallenta la propria dinamica in concomitanza del riacutizzarsi della crisi.

Servizi in calo soprattutto a causa della dinamica negativa del comparto delle riparazioni che perdono poco meno di 13milioni di euro (-2,8%; var% del fatturato 2011-2012), cui si aggiunge la netta flessione dei servizi alle imprese (-9,8%). Sono invece in positivo settori come trasporti (+1,5%) e servizi alle famiglie (+4,5%), che comunque erano calati nel biennio precedente.

dinamiche territoriali: si conferma l’“effetto-rimbalzo” per Pistoia e Arezzo, che peraltro non è sufficiente a colmare i vuoti produttivi del già sofferente 2011. Anche Siena presenta una dinamica positiva che, tuttavia, colma solo parzialmente il gap di fatturato accumulato nel biennio precedente. Mentre Lucca continua a presentare una dinamica migliore nel medio-periodo (ma il fatturato è in calo tendenziale già nel II semestre 2012), la restante parte dell’artigianato costiero è in netta sofferenza, in particolare nell’area di Massa-Carrara. Grosseto presenta invece un dato positivo (seppur abbastanza contenuto) a testimonianza di un parziale recupero delle perdite degli anni passati. L’inversione negativa del ciclo economico che ha colpito il manifatturiero si riflette in particolare sull’artigianato di Firenze e Prato (crisi del tessile); a Prato si sommano ben tre anni consecutivi di contrazione del fatturato.

Il dettaglio riguardante la dinamica dei ricavi dei singoli territori conferma come la complessiva negatività del dato regionale sia il frutto di trend piuttosto differenziati. Il bilancio-contabile dell’artigianato mette in luce i pesanti effetti del riacutizzarsi della crisi sull’economia artigiana della costa: -12,2% per Pisa, -12,5% per Livorno e in particolare -22,4% per Massa (var% 2011-2012), tutte province dove il comparto dell’edilizia è in forte crisi. Difficoltà notevoli anche per l’economia artigiana di Prato, che flette del -9,4% soprattutto a causa della crisi del settore tessile (-47,3milioni di euro rispetto ai bilanci 2011) e della recessione in atto nell’edilizia. Crisi del manifatturiero e delle costruzioni anche per Firenze, dove l’artigianato perde oltre 150milioni di euro di ricavi (-6,3%). Le altre province chiudono i consuntivi annuali in positivo, frutto di “rimbalzi” tecnici: Siena (+17,4%) risulta positivamente influenzata dalla dinamica dell’edilizia, mentre ad Arezzo (+4,9%) e Pistoia (+14,7%) gioca un ruolo centrale il recupero del sistema manifatturiero, cui si accompagna la positività dell’artigianato dei servizi. Positive anche Grosseto e Lucca, dove la situazione è invece un po’ diversa: l’artigianato lucchese presenta una migliore performance (+4,9%) in ottica di medio termine, ma il trend dei ricavi del II semestre 2012 è già orientato al segno “-“ soprattutto a causa di edilizia e manifatturiero; invece il +1,9% di Grosseto non è ancora sufficiente a colmare il gap accumulato durante la recessione e il settore delle costruzioni si sta sostanzialmente “riequilibrando al ribasso”.

prospettive: la crescita ‘zero’ del I semestre 2012 non è stata confermata sui consuntivi annuali e il “pareggio” di bilancio dell’artigianato è sfumato per l’inasprimento della crisi a partire dalla scorsa estate. Non ci sono per il momento le premesse per intravedere l’inversione positiva del ciclo e l’attuale fase recessiva, per quanto caratterizzata da flessioni magari non eclatanti, è persistente e pervasiva. In effetti, la crisi ha determinato un probabile riposizionamento dell’economia artigiana su orbite produttive relativamente più basse e, oggi, il vero problema, al di là delle vicissitudini strettamente congiunturali, sta più nel costante sommarsi di continue perdite che caratterizzano l’artigianato toscano ormai da anni. L’eccezionale durata di una crisi che non cessa di allentare la presa crea i presupposti per uno sforzo nella difesa del tessuto produttivo; di pari passo occorre sostenere la liquidità aziendale, la spesa per investimenti e (forse) facilitare anche solo la “propensione” a investire da parte degli imprenditori.

Il dato che emerge ancora con chiarezza è il persistere della crisi che non accenna a dare respiro alla già depressa economia artigiana regionale. La conclusione dell’analisi congiunturale TREND non è poi così dissimile da quella dei precedenti rapporti, dal momento che la speranza di un’inversione positiva del ciclo è ancora risultata vana. In sostanza, cambia il “numero” dietro il segno che continua a essere il “-“ per quanto riguarda la variazione annuale dei ricavi dell’artigianato (variabile principe nel valutare le dinamiche di mercato delle aziende). È come se la crisi si fosse “strutturata” all’interno del sistema economico artigiano. Purtroppo, tutti gli indicatori (anche esogeni a TREND) evidenziano il persistere della fase recessiva: l’Italia ha chiuso il 2012 con una variazione del Pil pari a -2,4% e le prospettive sono ancora negative per il 2013 (-1,5%) (FMI, World Economic Outlook, aprile 2013). Sono dati coerenti con il trend negativo dell’artigianato, soprattutto nella seconda parte dell’anno, dove tutti i macrosettori economici (in particolar modo le costruzioni) segnano il passo e mostrano cali di fatturato: -7,1%, la variazione tendenziale dei ricavi aggregati nel II semestre 2012. Rispetto al biennio 2010-2011, il rallentamento del ciclo a livello internazionale ha così di nuovo penalizzato l’economia italiana che continua a caratterizzarsi per un vuoto di domanda interna (deflazione salariale, austerità fiscale, consumi e redditi in diminuzione, investimenti al palo e crescenti tensioni nel mercato del lavoro). L’unico driver di crescita è la domanda estera che in questa fase risulta comunque penalizzata dalle difficoltà incontrate sui tradizionali mercati europei, ancora in fase recessiva.

Considerando il difficile e instabile scenario economico generale, il bilancio-artigiano 2012 poteva anche essere peggiore: ci sono comunque la “positività” dei ricavi (magari frutto di rimbalzi) trasversalmente a diversi settori e territori, la dinamica crescente della filiera della pelletteria-calzaturiero; questo settore si colloca su segmenti di domanda di mercato di “alta gamma” e i dati relativi al 2012 mostrano un certo consolidamento delle posizioni di mercato create negli ultimi anni grazie ai legami strategici con i “global player” attivi sul territorio regionale.

In questa situazione è prioritario perseguire una strategia di difesa dell’esistente data la costante e significativa flessione dei ricavi cumulata di anno in anno, che mette a rischio la sopravvivenza stessa delle aziende. La crisi, in effetti, anche solo considerando i dati amministrativi del registro delle imprese, ha determinato pesanti ricadute sull’artigianato. In questa specifica fase recessiva, occorre quindi guardare anche agli equilibri economico-finanziari delle imprese, dal momento che l’universo delle PMI trova difficoltà crescenti (e molteplici) di accesso al credito: da una parte, è necessario cercare di sostenere la liquidità aziendale, che risulta in sofferenza stretta tra margini operativi in calo e difficoltà nel finanziamento del circolante e, dall’altra, tentare di stimolare la spesa per investimenti, in una fase che si sta caratterizzando per una situazione di persistente credit crunch.