Tanta qualità e manualità, poca tecnologia e internet. Ma anche tanta, tantissima sofferenza: il 50% delle imprese artigiane campionate ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali nell’ultimo anno mentre la quasi totalità è stata costretta a richiedere un finanziamento per coprire un fido o uno scoperto di banca. Eppure, nonostante le profonde ferite provocate dal perdurare della crisi che hanno minato alle fondamenta la fiducia delle piccole imprese e degli artigiani c’è la voglia e l’intenzione – e questo è l’elemento straordinario – di tornare ad investire. Sono alcuni degli interessanti spunti di analisi offerti dal progetto Arco, il servizio sperimentale finanziato da Italialavoro Spa, ente del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che ha coinvolto un campione di imprese della Cna Apuana (info su www.cna-ms.it) e che indirettamente ha permesso allo “Sportello Credito” di offrire una panoramica molto attendibile degli effetti della crisi sulla salute delle imprese. L’analisi ha riguardato la situazione creditizia, strutturale e gestionale di tutti i principali comparti della Provincia di Massa Carrara: lapideo, edilizia, alimentare, turistico, trasporti, informatica e comunicazione. “Il progetto – spiega Nicola Bertolini, consulente del progetto Arco – ci ha permesso di sperimentare sul campo un servizio di consulenza completamente gratuito per accompagnare le imprese all’accesso al credito attraverso studi di fattibilità e valutazioni dello stato di salute. Abbiamo avuto la conferma della mancanza di liquidità: le imprese hanno richiesto finanziamenti – mediamente 40 mila euro – per coprire scoperti bancari. La crisi è molto forte ancora”.

Tra i settori più in difficoltà il lapideo e la carpenteria metallica. “C’è comunque voglia di tornare ad investire – analizza ancora – le aziende campionate hanno manifestato l’intenzione di investire nei prodotti e nel mercato. E’ un segnale di ritrovata fiducia”. Sorprendenti gli altri dati. Il 24%, per esempio, non ha un sito, ne internet, e l’età media degli addetti è di 40-45 anni. Un gap prima tecnologico, poi generazionale che rischia di escluderle progressivamente da un mercato sempre più globale. “Le imprese apuane e lunigianesi sono poco tecnologizzate – spiega ancora Bertolini – poche usano per esempio i pacchetti specializzati per il loro comparto e i software impiegati hanno un’età media che varia tra i 3 e i 5 anni”. Gli effetti dell’incapacità di adeguamento tecnologico si ripercuote inevitabilmente sull’export: “Solo il 20% lavora con l’estero, e le aziende che esportano hanno ridotto il loro fatturato del 50% – commenta ancora – due segni distintivi della fragilità del sistema artigiano, non strutturato e proiettato più verso il mercato interno che esterno”. Deficit prima di tutto fisici con strutture produttive molto vecchie, e poi gestionali come la completa mancanza di organigrammi lavorativi definiti o la scarsa attenzione verso le certificazioni energetiche. Solo il 20% ha ottenuto le certificazioni. “L’artigiano – spiega ancora Bertolini – colma questi gap attraverso la valorizzazione della manualità con cui è realizzato un prodotto. Sono perfettamente consapevoli di avere una marcia in più alla voce qualità. E’ un valore che sanno vendere sul mercato nonostante la competizione straniera”. Con questo progetto Italialavoro ha voluto dare un contributo mirato alle imprese artigiane poiché difficilmente dispongono di un sistema di analisi e controllo interno. “Le aziende necessitano in questo momento storico di crisi di incrementare gli strumenti a disposizione per ottenere liquidità aggiuntiva – conclude – mantenere basso il costo del credito, e migliorare le capacità di controllo e programmazione della finanza aziendale. Con questo spirito è stato messo a regime un servizio, che sarà adottato appena possibile dalla Cna, che vuole rimanere nel tempo a disposizione delle PMI locali, come attività aggiuntiva del pacchetto di servizi proposti dalla stessa associazione”.