Continua la difficile con giuntura dell’artigianato, soprattutto per le imprese più piccole e per chi lavora solo per il mercato interno. Segnali positivi dal manifatturiero, in particolare dalla concia, pelletteria e calzature. Peggiorano le aspettative per la seconda parte dell’anno. Questi i risultati dell’indagine sulla congiuntura dell’artigianato in Toscana sul primo semestre 2011 e le previsioni per gli ultimi sei mesi dell’anno, redatta dall’Osservatorio Regionale sull’Artigianato (Regione Toscana, Unioncamere, CNA Toscana, Confartigianato, Cgil-Cisl-Uil) e presentata giovedì 20 ottobre a Firenze.

“Le speranze di ripresa sono naufragate nel clima delle incertezze finanziarie mondiali e nella crescente contrazione del mercato interno – hanno commentato CNA e Confartigianato regionali –  L’artigianato continua però a garantire l’occupazione meglio di altri comparti nonostante il calo generalizzato della propensione ad investire, condizionata dalle difficoltà nell’ottenimento dei prestiti e dal pessimismo nelle prospettive per il futuro. Confartigianato e CNA chiedono alla Regione di concentrare gli sforzi su sfide concrete e di aiutare chi vuole investire sul futuro della Toscana e questo vuoi dire aiutare soprattutto la piccola impresa”.

L’artigianato toscano è stato ancora in difficoltà nella prima metà del 2011: il miglioramento del quadro macroeconomico ha generato per il momento solo una riduzione della flessione rispetto al primo semestre 2010 (l’anno scorso il fatturato aveva registrato il -9,8% fra gennaio e giugno, contro il -5,6% dell’anno in corso). Un recupero interessa tuttavia alcuni isolati segmenti del sistema artigiano: si tratta della filiera cuoio-pelletteria (+6,5%), delle imprese manifatturiere che operano sui mercati internazionali (+1,7%), delle aziende maggiormente strutturate (+3,5% per le manifatturiere con almeno dieci addetti). Il giro d’affari cala soprattutto nei servizi (-9,7%) e nell’edilizia (-9,1%). Nel manifatturiero la contrazione si ferma invece al 2,3%, grazie alla nota positiva del sistema moda (+1,6%) ed al comparto della metalmeccanica, che contiene la variazione negativa al -1,9%. Nel caso della moda, in particolare, le buone perfomances sono da ricondurre al comparto della pelletteria (+6,5%), mentre altri sottosettori, come quello orafo (-10,5%) e quelli legati al sistema-casa (vetro-ceramica-lapideo -8,4%; legno-mobili -5,4%), restano fortemente in perdita. Riguardo ai servizi, risultati ancora molto negativi per riparazioni (-13,0%), servizi alle imprese (-12,1%), servizi alle persone (- 8,2%) e trasporti (-7,4%). Difficoltà anche per l’edilizia artigiana (-9,1% di fatturato), il cui calo è da ricollegare alle difficoltà che -più generale- sta attraversando l’intero settore delle costruzioni.

Sono ancora le microimprese, quelle che arrivano ad un massimo di 3 addetti, a subire i maggiori effetti della crisi economica, mentre solo le aziende manifatturiere più grandi presentano variazioni di fatturato positive (+3,5%).

Quanto alla suddivisione geografica l’artigianato toscano nel primo semestre 2011 individua tre macrozone, segnate da andamenti omogenei: Firenze, Massa Carrara e Lucca che contengono le perdite di fatturato sotto il 5% e invertono almeno in parte la tendenza rispetto ai pessimi risultati di un anno fa; Pistoia e Pisa che si attestano su flessioni di 5-6 punti percentuali, riducendo anch’esse le perdite rispetto al primo semestre 2010; Siena, Arezzo, Grosseto (da -7,7% a -8,8%) e soprattutto Livorno (-10,0%) che presentano i bilanci più negativi, senza segnalare significative differenze con quanto registrato nella rilevazione di inizio 2010.

Buone notizie arrivano per le aziende manifatturiere che esportano, mentre chi s’indirizza solo al mercato interno accusa forti difficoltà. Quanto alla tipologia di clientela, va meglio per le imprese che operano perlopiù in subfornitura (-3,8%), sostenute probabilmente dalla capacità di reazione delle aziende più grandi per le quali lavorano, mentre chi si rapporta direttamente con la clientela finale (-5,5%) e, in modo particolare, chi lavora solo parzialmente in subfornitura registra performance decisamente più negative (-8,0% di fatturato).

La situazione dell’occupazione conferma il perdurare dello stato di difficoltà dell’artigianato toscano. Molti posti si sono persi durante la fase acuta della crisi internazionale e il timido +1,0% di variazione media degli addetti nei primi sei mesi dell’anno non è sufficiente per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi, soprattutto per il manifatturiero e l’edilizia. Tale recupero interessa inoltre la sola componente autonoma, mentre in ulteriore flessione risulta l’occupazione dipendente.

Un aspetto preoccupante è legato all’andamento degli investimenti, dal momento che le aziende con programmi d’investimento in corso scendono al 4,7% dal 12,4% del 2010. molto probabilmente l’andamento di tale indicatore è influenzato negativamente dal peggioramento del clima di fiducia degli imprenditori artigiani, in conseguenza di una situazione macroeconomica che, a livello sia nazionale che internazionale, presenta profondi elementi di incertezza: le previsioni sul secondo semestre 2011 rivelano infatti una prevalenza di pessimisti circa l’evoluzione attesa nel prossimo futuro (tanto per il fatturato come per l’occupazione), fatta eccezione per le aziende della moda (sia cuoio-pelletteria che tessile- abbigliamento) e per gli artigiani della trasformazione alimentare.

“Da questi dati – ha affermato l’assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini – possiamo trarre utili spunti. Ad esempio che qualità e innovazione sono essenziali componenti per la crescita. Come Regione abbiamo scelto di incoraggiare la propensione delle imprese ad investire in qualità e innovazione, finanziando le imprese per ricerca, servizi qualificati, tecnologie innovative, riorganizzando il sistema del trasferimento tecnologico, premiando le aziende che si mettono in rete per sopperire alle piccole dimensioni e reggere meglio nella competizione globale. I dati infatti confermano che le piccolissime imprese perdono di più. Ma ci dicono anche che le più dinamiche sono quelle con vocazione all’export. Per questo, fra le iniziative, abbiamo riproposto un bando per favorire l’internazionalizzazione. I risultati delle imprese artigiane esportatrici, che vedono aumentare il loro fatturato, ci conforta nella scelta. Ma dobbiamo purtroppo constatare che le politiche del governo sono in controtendenza: nella manovra infatti, oltre a scelte depressive che avranno l’effetto di dare un ulteriore colpo al sistema produttivo e alla mancanza di una seria politica industriale, è stata decisa la chiusura dell’Ice, facendo dell’Italia l’unico paese che non ha un’agenzia per la promozione delle sue imprese sui mercati esteri”.