“Più attenzione verso le imprese, Imu e Tares nuove emergenze” come esempi di voler cambiare la Cna, cambiare l’Italia , uscire dalla crisi”. Con queste parole d’ordine l’Assemblea elettiva della CNA di Pisa ha confermato per i prossimi 4 anni Andrea Zavanella presidente provinciale. L’elezione è avvenuta giovedì 16 maggio nel corso dell’assemblea elettiva cui hanno partecipato i delegati dalle rispettive assemblee delle Unioni e delle Aree Territoriali.

Sabato 18 maggio il neo presidente  ha presentato pubblicamente il suo programma, presso l’Auditorium Rino Ricci della Cciaa, alla presenza del Segretario generale CNA Nazionale Sergio Silvestrini, del presidente della Cciaa Pier Francesco Pacini, del sindaco di Pisa Marco Filippeschi, del presidente della Provincia Andrea Pieroni, e di numerosi altri amministratori locali.

Il programma del presidente Zavanella riguarda la crisi economica, le proposte della CNA, e principalmente, visto il radicamento territoriale della CNA, le aspettative del sistema produttivo pisano nei confronti delle istituzioni locali.

Le tesi del presidente Zavanella

“La nostra sarà una azione di lotta e di cambiamento – ha dichiarato Zavanella nel corso della conferenza stampa di presentazione del suo programma, tenutasi venerdì 17 maggio –  servono risposte urgenti ai problemi del nostro paese: a partire dall’accesso al credito, con un maggior sostegno alle controgaranzie pubbliche e ai Consorzi Fidi, continuando con la riforma fiscale, perlomeno dell’IMU sugli immobili strumentali, della TARES e dell’IRAP, correggendo le recenti nuove storture, specie all’ingresso nel mercato del lavoro, introdotte dalla Riforma Fornero, sbloccando immediatamente e senza indugi i pagamenti della PA, allargando in modo mirato le maglie del patto di stabilità. Ed è nostro auspicio che si mandi anche un segnale chiaro nella direzione sburocratizzazione e della semplificazione ad esempio abbandonando il carrozzone del Sistri vergogna di questo paese che inventa burocrazia inutile per distribuire tangenti e le fa pagare agli imprenditori”.

Il fisco

Il Governo Monti ha cercato di raddrizzare i conti del nostro Paese con diversi interventi che hanno puntato a colpire nel modo più facile e certo i soggetti più deboli del sistema. L’hanno pagata i lavoratori in procinto di andare in pensione (e le aziende che potevano utilizzare il turnover per resistere alla crisi), l’hanno pagata le famiglie e le aziende colpite dall’IMU, l’hanno pagata tutti i cittadini con l’aumento dell’IVA e l’hanno pagato molto poco gli operatori e speculatori finanziari, i possessori di rendite, i grandi evasori fiscali. E non è un caso che sia rimasta al palo la trattativa con la Svizzera e che ancora stiamo aspettando che rientrino nelle casse dello stato le rate dell’ultimo scudo fiscale voluto dal Governo precedente. Si aggiunga a questo che alla ricerca di un beneficio finanziario di breve periodo sono state accelerate tutte le procedure di recupero crediti da parte dell’Agenzia delle Entrate di Equitalia mentre sul pagamento dei debiti alle imprese da parte della PA si continuava e si continua a traccheggiare. Io credo che questo sia totalmente inaccettabile, e non ci può essere una cultura della legalità verso uno Stato che si comporta da furbetto, ma così facendo si alimentano solo storture e furberie che mettono in difficoltà proprio quegli imprenditori che operano con maggiore trasparenza e fedeltà fiscale. E mentre le imprese sono nella morsa tra gli interessi di mora degli arretrati fiscali e quelli bancari per anticipi e cessioni del credito i margini scompaiono e le imprese al ritmo di 1000 al giorno nel 2012. Contro tutto questo occorre una IMMEDIATA INVERSIONE DI TENDENZA che cominci dallo sblocco dei pagamenti alla PA, ad una drastica riduzione degli interessi per le rateizzazioni che non devono essere superiori a quanto la PA riconoscerà alle imprese per i propri ritardi. Ma serve anche una riduzione della pressione fiscale che non solo blocchi il previsto ulteriore aumento dell’IVA ma che riduca la pressione delle imposte come l’IRAP affinché non penalizzi le imprese in difficoltà, ed infine vanno riviste e ripensate le nuove forme di imposizione come l’IMU sugli immobili destinati alla produzione e la nuova TARES sui rifiuti. Se così non sarà già adesso, a giugno, con la tagliola micidiale di IMU, Tares, acconto Irpef e aumento IVA avremo conseguenze catastrofiche sul sistema delle imprese. E un fisco equo significa anche una maggiore capacità di colpire l’elusione e l’evasione, l’abusivismo e tutte le forme di illegalità nell’economia che spingono le nostre imprese fuori mercato. Senza questa importante azione di contrasto all’illegalità sarà sempre più difficile preservare il tessuto “sano” del nostro sistema produttivo.

Rimettere in moto il paese, più fiato e risorse alle realtà locali

Per rimettere in moto il paese non basta il pagamento dei crediti della PA (che sono comunque 100 miliardi di euro di cui solo il 10% anticipato o ceduto alle banche) ma servono anche interventi in grado di riavviare un ciclo economico. Da anni il dibattito nazionale è bloccato sull’opportunità di realizzare grandi opere (Ponte sullo Stretto, TAV etc.) la cui utilità è spesso messa in dubbio. Pesano su queste opere le incertezze legate alla diminuzione dei traffici di merci e persone causata dalla crisi. E’ mia opinione che la CNA debba essere promotrice di una diversa modulazione del Patto di stabilità che consenta al contrario la realizzazione di una grande quantità di interventi medio – piccoli finalizzati alla ricostruzione dei territori colpiti dai terremoti e dalle alluvioni degli ultimi anni, e per prevenire ulteriori disastri. Si tratta di mettere in sicurezza il nostro territorio le nostre scuole, i nostri beni culturali, che sono un patrimonio civile ma anche economico del nostro paese. Ridare lavoro sui territori, affidando la responsabilità ai sindaci, che sono le Istituzioni più vicine ai cittadini e alle imprese. Valorizzare le imprese che operano sul territorio, utilizzare gli strumenti previsti dal codice degli appalti per scoraggiare le infiltrazioni della criminalità organizzata, evitare i massimi ribassi, utilizzare laddove è possibile le forme di contrattazione diretta che consenta alle imprese di lavorare a condizioni “sostenibili” che non creino rischi di subappalti selvaggi. Solo in questo modo si riuscirà ad avere opere pubbliche ben realizzate da parte di imprese serie e rispettose delle leggi in primis quelle sulla sicurezza.

L’IMU sta uccidendo le piccole imprese

L’IMU sugli immobili strumentali delle imprese sta distruggendo la piccola impresa. Anche sul nostro territorio, le stime che siamo stati in grado di fare, indicano un sostanziale raddoppio delle cifre da pagare per l’Imu rispetto all’ultima ICI. Da un’analisi effettuata dalla CNA, emerge infatti che su un piccolo capannone industriale di valore catastale inferiore a 1 milione di euro, l’imposta comunale è arrivata a superare gli 11.500 euro, segnando, quindi, un incremento medio di circa 5 mila euro a cui corrisponde un incremento percentuale superiore al 77%.  Le cose non cambiano per un piccolo laboratorio artigiano di valore catastale di circa 270mila euro. In questo caso si è registrato un incremento medio di circa 1.800 euro a cui anche qui corrisponde un +101%.

Per gli uffici e i negozi è andata anche peggio. Un piccolissimo negozio di valore catastale di 56mila euro nel 2012 ha dovuto pagare mediamente 850 euro di IMU, segnando un più 480 euro, ossia un incremento medio del 132%. Si tratta di un autentico salasso per le imprese già duramente colpite da una pressione fiscale generare insostenibile. Nei periodi di crisi economica, i tributi che pesano maggiormente sull’economia delle imprese sono proprio quelli che prescindono dalla produzione del reddito. Inoltre, occorre considerare che gli immobili strumentali delle imprese non rappresentano un accumulo di patrimonio, ma sono destinati alla produzione. E, in quanto tali, sono già sottoposti a imposizione attraverso la tassazione IRPEF od IRES del reddito d’impresa o di lavoro autonomo che contribuiscono a generare. Senza poi considerare che l’indeducibilità dell’imposta comunale dal reddito d’impresa fa pagare imposte anche se si è in perdita. La penalizzazione diventa ancora più evidente se si considera che il tributo comunale si applica anche agli immobili realizzati dalle imprese di costruzione in attesa di vendita pur se spesso è minimizzato.

Conclusioni: più concertazione, meno tasse

“Nessuno ci ha consultato quando hanno deciso i valori di IMU e o altro. Molti comuni sono in ritardo e si aggiunge incertezza all’incertezza. Questo non è accettabile – ha concluso Andrea Zavanella – La CNA ritiene, pertanto, che gli immobili strumentali siano esclusi dalla tassazione IMU o che, quantomeno, le aliquote applicate siano allineate a quelle previste per le abitazioni principali. I comuni devono concertare e consultare le categorie produttive in occasione delle decisioni sulle aliquote IMU e sulle tariffe TARES da applicare (che devono tener conto delle cifre pagate  a parte per i rifiuti speciali, ad esempio)”.