Grande partecipazione in San Micheletto per il convegno organizzato dalla Cna di Lucca.

Laboratori, scuola di formazione, spazi espositivi e un punto acquisti. Sono i requisiti principali di un polo dell’artigianato artistico che voglia far rivivere la vivacità delle botteghe che per secoli si è respirata nel centro storico di Lucca. Su questo tema si sono confrontati sabato 22 marzo nell’auditorium di San Micheletto i rappresentanti delle categorie con le istituzioni e il mondo della scuola nel convegno “L’intelligenza delle mani: un polo per l’artigianato artistico fra tradizione e innovazione nella città”, organizzato dalla Cna di Lucca.

Un tema che secondo il sindaco Alessandro Tambellini è di estrema attualità, perché il Comune ha avviato la revisione del piano strutturale e l’intera comunità è chiamata a decidere gli indirizzi futuri per il territorio. Quanto alle zone, il primo cittadino ha individuato l’area tra piazza del Carmine, via della Fratta e via del Fosso come sede naturale di un nuovo polo, spiegando che anche nel complesso dell’ex manifattura tabacchi ci sono potenzialità di espansione per questo settore. D’accordo anche l’assessore provinciale allo sviluppo economico, Francesco Bambini, secondo cui un polo artigianale è indispensabile per creare sinergie e fare promozione, sottolineando che questa è una proposta che le amministrazioni devono fare propria. Anche la Fondazione Cassa di Risparmio, tramite il presidente Arturo Lattanzi, ha fatto sapere di essere pronta a fare la sua parte se il territorio deciderà di intraprendere questo percorso, anche per la grande attenzione che da sempre ha riservato all’artigianato artistico, che rappresenta una risorsa importante per la città.

A spiegare l’idea è la vicepresidente provinciale di Cna Lucca, Ilaria Borelli Boccasso, «Lucca non è solo un bellissimo contenitore di opere d’arte, ma essa stessa è la testimonianza di una tradizione artigianale di alto livello. In più il manufatto che richiedeva l’intervento di maestranze innescava una serie di scambi, collaborazioni e contatti che vivacizzava l’intero centro storico. Per questo la presenza dei laboratori artigianali è sicuramente vitale per lo sviluppo economico, sociale e creativo della città». Il progetto si basa su un’indagine condotta dalla Cna di Lucca su un campione di imprese dell’artigianato artistico, dalla quale è emerso che le esigenze prioritarie per la sopravvivenza di queste attività sono la visibilità, la riduzione dei costi di gestione e l’aggiornamento professionale. La creazione di un polo riuscirebbe quindi a soddisfazione queste necessità, partendo dalla visibilità, con uno spazio attrezzato per presentazioni e proiezioni, oltre a un centro di documentazione e raccolta di testimonianze che siano affiancati da un punto vendita e da un centro servizi per le imprese insediate. Tutto con costi di gestione calmierati e una semplificazione delle pratiche burocratiche. Quanto all’aggiornamento professionale, l’intenzione è quella di creare uno spazio-scuola al quale partecipino università e centri di ricerca in modo da creare una scuola di formazione per i maestri del futuro.

«Questo è un percorso che parte oggi da una nostra iniziativa ma che non vogliamo sia nostro in esclusiva – conclude Luca Poletti, presidente provinciale della Cna di Lucca –. Ringraziamo le aziende che hanno già dato la loro adesione e il nostro obiettivo è di riuscire a vederlo realizzato».

Il progetto di Cna Lucca per la riqualificazione di uno spazio nel centro storico con la creazione di un centro per la conservazione e la divulgazione della cultura artigiana

Questo progetto, in accordo con la Carta Internazionale dell’Artigianato Artistico, che definisce le linee politiche, strategiche e di azione a livello europeo e internazionale, studiate per sostenere, valorizzare e promuovere l’artigianato artistico, è articolato in due parti principali, che sono strettamente legate tra loro: la conservazione e valorizzazione della cultura artigiana e la sua divulgazione

Per quanto riguarda la prima parte  si è pensato di creare una struttura in grado di:

-dare la massima visibilità al maggior numero di ditte del settore dell’artigianato artistico, dato che “gli oggetti dell’artigianato artistico e tradizionale vanno considerati opere dei popoli, recanti un messaggio spirituale e culturale, nonché testimonianze delle tradizioni e della creatività da trasmettere alle prossime generazioni”, ed è quindi importante salvaguardarne la produzione, tenendo conto delle diverse esigenze delle varie ditte  e delle relative tipologie di lavoro, dato che, in questo momento difficile, molte attività rischiano di scomparire anche perché il grande pubblico non sempre comprende il  valore di un manufatto artigianale e il mercato è invaso da prodotti di bassa qualità, fatti in serie e spesso con materiali scadenti. “I prodotti artistici di alto livello rientrano invece a pieno titolo nella categoria di un lusso “colto”, concettuale, attento a valori non soltanto estetici e di brand. Allo stesso modo è poco diffusa la conoscenza dell’esistenza di veri e propri “distretti” delle produzioni artistiche, ossia di luoghi, di territori che sono storicamente sede di produzioni ad alto valore aggiunto, sia formale sia culturale… L’immagine dell’artigianato deve quindi essere “svecchiata” e diffusa presso più ampi strati della popolazione: ovviamente dovranno essere studiati vari messaggi, in funzione delle varie “anime” dell’artigianato artistico.”

-favorire la collaborazione e gli scambi tra artigiani che lavorano vicini, in modo che il contributo delle diverse professionalità stimoli nuove idee e progetti. “Attraverso l’artigianato artistico, i processi di internazionalizzazione spingono non soltanto i prodotti, ma anche uno stile di vita e una filosofia e un’etica della produzione: per questi motivi l’artigianato artistico è l’ambasciatore per eccellenza del “Made in…. “. Si parla cioè di un’innovazione strategica, supportata da un’innovazione di tipo organizzativo, grazie anche alla messa a punto di modelli di sviluppo di sistemi a rete”.

– creare un centro di documentazione della storia delle botteghe di Lucca, con un piccolo museo che raccolga foto, attrezzature, testimonianze e prodotti, dato che la nostra città è stata plasmata ed abbellita nei secoli proprio dal lavoro appassionato e paziente di tanti maestri e che il loro stesso bagaglio di saperi e tecniche è un bene culturale che rischia di andare perduto, “deve essere costruita una Storia dell’Artigianato Artistico a livello nazionale e internazionale, visto anche nel suo rapporto con l’evolversi e con la storia delle arti maggiori: si rileva infatti la necessità di introdurre Corsi di Storia dell’Artigianato Artistico a tutti i livelli di formazione. Ciò permetterebbe di rafforzare lo spazio culturale comune europeo e la creatività che sono necessari per favorire l’affermazione di una identità comune europea nell’artigianato artistico”.

– prevedere uno spazio per realizzare un calendario annuale di eventi, tipo esposizioni, mostre e incontri, sui temi dell’artigianato artistico, per divulgare la conoscenza delle tecniche e delle tematiche della produzione artigianale.

– aprire uno spazio per la vendita dei prodotti di alto artigianato lucchese, di materiali e pubblicazioni, infatti Dovrebbe essere creato un circuito di manifestazioni commerciali, destinate a operatori professionisti e/o al grande pubblico, “approvate” dalle associazioni di rappresentanza dell’artigianato artistico e destinate alla commercializzazione dei prodotti dell’artigianato artistico.”

che potrebbe essere importante oltre che per i cittadini di Lucca, anche come  proposta ad un turismo più attento, che non si limita ad un pellegrinaggio da un monumento all’ altro, ma che cerca di capire l’ essenza e la peculiarità dei luoghi che visita; questo potrebbe essere fatto collegando, ad esempio, le singole attività a percorsi di approfondimento sul territorio: dalla bottega della cartapesta alla Cittadella del Carnevale, o dalla bottega della carta alle cartiere della piana e al percorso della ‘Via della Carta’ sulle colline di Pescia. Infatti “l’artigianato si configura come una componente fondamentale dell’offerta turistica, come un vero e proprio “attrattore turistico”, e diviene quindi fondamentale valorizzare le sinergie tra artigianato e turismo in un’ottica di reciproci valorizzazione e sviluppo.

Per quanto invece riguarda la divulgazione di tutto questo patrimonio tecnico e culturale, si è pensato alla creazione di una scuola di formazione per l’artigianato artistico, infatti, come propone la Carta : “Potrebbe essere costituita anche una rete di scuole di eccellenza che hanno l’artigianato artistico tradizionale all’interno dei loro percorsi formativi. Inoltre potrebbe essere considerata una sorta di “formazione continua” degli artigiani, o si preferisce un loro costante aggiornamento sugli aspetti tecnico-produttivi, estetico-formali, di marketing, di comunicazione dei prodotti, normativi.”

Teorici e analisti internazionali concordano nell’individuare nell’artigianato – inteso nella sua accezione più ampia e aggiornata – uno dei principali motori di ripresa e sviluppo.

Artigianato come detenzione di know-how strutturato in maniera distrettuale, fenomeno che ha nel suo dna la trasmissibilità della conoscenza e la capacità per questo di informare non solo l’impianto economico di un comprensorio ma anche la sua architettura sociale e la stratificazione antropica.

La definitiva entrata nella Terza Rivoluzione industriale con il connesso diffuso predominio della Knowledge Economy, ha confermato il valore pedagogico oltre che economico dell’artigianato.

A supporto di quelli economici, gli studi fisiologici hanno definitivamente confermato l’importanza della dimensione “esperienziale” oltre a quella teorica. Non vi è completa conoscenza nell’individuo, se non si produce l’abbinamento fra intelletto e mano, fra astrazione teorica e applicazione empirica. Questo diagramma ha da sempre costituito il dna del Made in Italy, che ha reso famosa l’Italia nel mondo.

Una capacità di abbinare tradizione e innovazione, “saper fare” artigianale e sperimentazione tecnica, imparare dal passato per guardare al futuro, queste sono le componenti che hanno animato la creatività e la sua tradizione artigianale nel corso dei decenni.

La Toscana rappresenta un perfetto esempio di catalizzatore di queste caratteristiche.

Il sapere artigiano, cifra della cultura economica italiana, necessita di essere “contaminato” con i nuovi saperi tecnologici, aprendolo alla globalizzazione. Più che un trasferimento tecnologico del settore dovremmo parlare di un’osmosi tecnica e tecnologica.

La necessità ormai inderogabile consiste nel mescolare le abilità artigianali con le competenze industriali, le capacità dei tecnologi e dei manager con quelle straordinarie dei tecnici e degli artigiani, per sfuggire alle logiche impersonali della produzione di massa e riconquistare una competitività basata sul saper fare acquisito dalla secolare tradizione, come il mercato globale rivendica ormai da diversi anni.

Per lungo tempo la nostra società e il sistema produttivo sono state influenzate dalla concezione manichea che ha separato il sapere manuale da quello accademico e scientifico.

Altro preconcetto che ha compromesso l’adeguato sviluppo del settore – come accennato sopra – è quello legato al principio male interpretato di “economia della conoscenza”, fondata sull’assunto ideologico, che solo la conoscenza formalizzata è rilevante.

Questo tipo di conoscenza non ha a che fare né con la tradizione né con la manualità.

Questo preconcetto ha influenza in maniera oppressiva anche la didattica delle arti e dell’artigianato in genere. Con esiti infausti, come abbiamo potuto vedere dai risultati seguiti alla “riforma Gelmini”, che ha inferto un colpo drammatico alla didattica artistico-artigianale.

Per lungo tempo abbiamo abbracciato il presupposto secondo il quale l’unica conoscenza economica rilevante è quella scientifica di tipo generale-astratto, come sostenuto da uno testi guida dell’economia contemporanea redatto da Robert Reich.

Ma come abbiamo visto, nell’ultima congiuntura economico-politica. È entrata definitivamente in crisi la concezione di conoscenza tecnico-scientifica che si traduceva automaticamente in valore economico.

A questo si aggiunge la ormai palesata necessità nell’ambito produttivo-commerciale – con i diffusi effetti della globalizzazione – di effettuare il passaggio dalle idee di estetica e fashion a quelle di Patrimonio Culturale e Heritage, che possono essere garantite solo da una produzione personalizzata e raffinata, come avviene già da tempo nel settore del lusso. Cioè tutto quel complesso di valenze che hanno a che fare con il contenuto culturale di un prodotto e con il suo retaggio sociale e simbolico. Questo dimostra la quantità di intelligenza esistente nel fare, soprattutto quando i prodotti sono concepiti per clienti con richieste specifiche o devono evolvere rapidamente nel tempo come richiede il mercato globale attuale.

Si afferma ancora una volta, come l’artigianato e la tecnica non siano procedimenti svincolati dal pensiero, ma una riflessione che riguarda tutta la cultura che esprimono e afferma allo stesso tempo come l’artigiano conduca un dialogo tra le pratiche concrete e il pensiero.

Questo dialogo si dimostra complementare all’elevata tecnologia di una civiltà avanzata come la nostra, concretizzandosi nell’acquisizione di abitudini di sostegno, le quali creano un movimento ritmico tra individuazione del problema e soluzione.

La formula sintetizzata per uno sviluppo produttivo consiste nell’armonica fusione tra ricerca scientifica, alto livello di manualità artigianale, ingegneria e strategie comunicative.

La Toscana ha dimostrato di possedere le potenzialità per effettuare l’efficace saldatura fra secondario e terziario, fra servizi e industria, fra servizi e industria indicata dagli esperti come la ricetta efficace per lo sviluppo.

Questo formula si sostanzia con il principio delle 3 T enunciato da Richard Florida – tra i massimi esperti di economia della cultura – , Talento, Tecnica e Tolleranza.

Fondamentale quindi, risulta strutturare in tempi brevi una strategia per l’implementazione di queste dinamiche, strategia che riparta dalla didattica. Si elimini, contro le logiche della produzione di massa, la separazione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra progettazione ed esecuzione, tra pensare e fare, che ha contribuito in maniera determinante a sancire la definitiva crisi di formule del cosiddetto “capitalismo flessibile”, come quelle del “team working” o del “just in time”. L’artigianato elimina per sua costituzione genetica le dicotomie suddette, rispondendo alla domanda “come” svolgere il proprio lavoro ma anche il “perché”, dipolo su cui si basa la distinzione effettuata da Hannah Arendt poi ripresa da Richard Sennet, tra animal laborans e homo faber.

Fondamentale scegliere una struttura in grado di ricreare le dinamiche di relazioni che creano in laboratorio, nel faccia a faccia tra il maestro (che detiene un’autorità legittima data dalla competenza professionale) che stabilisce i parametri di qualità e addestra i discenti-apprendisti ad apprendere grazie ai processi di imitazione.

La struttura didattica-esperienziale deve garantire un’armonica formula pedagogica fra teoria e pratica. Una sorta di cittadella che offra la possibilità di convivenza tra botteghe artigiane e struttura didattica, che metta insieme gli insegnamenti teorici, legati alle tecnologie, alla comunicazione (secondo i più moderni principi legati alla digital comunication, al social networking) e la pratica artigianale specifica.

Un luogo con una logistica che permetta ai laboratori artigiani di trovare una struttura centralizzata in grado di fornire servizi (creazione e gestione siti web, comunicazione, e-commerce, produzione materiale promozionale, progettazione 3D e 3D printing, ecc…) e agli apprendisti-studenti di seguire lezioni, seminari e fare pratica. Che sia anche in grado di far interagire ricerca (garantita dalla collaborazione con istituzioni all’avanguardia come il CNR e istituzioni universitarie..), attività didattica e pratica produttiva

Dal punto di vista didattico il centro dovrebbe prevedere: artigiani e docenti a supporto delle attività di apprendimento pratico; docenti di progettazione e design. Dai principi di progettazione, all’utilizzo delle tecnologie digitali di progettazione (Cad, Rhino..) e al 3D printing per la prototipazione; principi di economia e gestione aziendale; conoscenza chimico-fisica dei materiali; storia del design; principi di legislazione del settore; strategie imprenditoriali nell’epoca della globalizzazione (dall’e-commerce al crowdfunding..) ecc.; una struttura costituita da giovani esperti dovrebbe fornire quei servizi indispensabili al complesso degli artigiani riuniti; quei servizi che i singoli per motivi di conoscenza ed economici non sarebbero in grado di organizzare.

Riassunto dei servizi forniti nel centro: ufficio e team di gestione servizi; progettazione siti web e gestione degli stessi; gestione e-commerce; progettazione grafica e realizzazione materiale promozionale; gestione della promozione su social network; progettazione e coordinamento del crowdfunding; progettazione; programmazione e gestione delle attività di aggiornamento; coordinamento delle collaborazioni istituzionali con enti deputati alla didattica e alla ricerca; coordinamento di domanda e offerta tramite social activities (sulla scorta dell’esperienza di piattaforme come Tabbit); creazione dei video curriculum; creazione e gestione di un sito-piattaforma comune per i vari laboratori (sulla scorta di esempi come workhands.us, il Linkedin delle tute blu).

Nota:  le parti in corsivo sono tratte dalla   “Carta internazionale dell’ Artigianato Artistico”, messa a punto da Ateliers d’Art de France, CNA Nazionale, Confartigianato, Artex e volta ad evidenziare i valori e le peculiarità del settore ed a metterne in luce i punti di forza e debolezza.