geografia dei cantieri a livello mondiale dando l’avvio ad un progressivo processo di delocalizzazione verso i paesi emergenti a danno dell’Italia e dell’Europa, dall’altro la crisi ha imposto alla diportistica e alla filiera nautica Made in Italy nuovi assetti e nuove sfide con la crescita del mercato del Repair&Refit.  Cala, questo era un dato più che prevedibile, il numero degli ordini per i cantieri italiani sceso, a livello mondiale, dal 50% del 2008 al 32% del 2010. E pensare che a cavallo tra il 2009 e il 2010 gli ordini per super yacht di metratura superiore ai 24 e 30 metri avevano toccato il punto più alto degli ultimi anni.

Sono alcuni dei dati forniti dal “Focus Group” promosso da Cna Nautica e Provincia di Massa Carrara nell’ambito di Seatec laRassegna Internazionale di Tecnologia, Sufornitura e design per imbarcazioni, yacht e navi che si è svolta a Carrara Fiere. In tutto, complessivamente, a livello globale sono circa 750 gli yacht superiori ai 24 metri commissionati nel 2010 ai cantieri tra motoryahct, sailing, open etc, con l’Italia ancora leader della fascia dei 30 metri e più (38% del mercato). L’Italia si conferma, questo è vero, la capitale mondiale dei super yacht davanti a Olanda-Turchia, America, Inghilterra e Germania ma per quanto ancora? “In termini congiunturali – ha analizzato il Responsabile Nazionale Cna Produzione Nautica, Giancarlo Gamberini presentando i risultati del Focus Group – nel primo semestre 2010 i livelli di produzione della nautica risultavano inferiori di quasi il 28% rispetto a quelli del medesimo periodo 2008, anno in cui la crisi ha iniziato a manifestarsi anche nel settore della nautica da diporto. Se andiamo invece agli esiti della ricerca di ordine più strutturale, si conferma che la filiera costituisce nella nautica un modello di organizzazione produttiva dominante, caratterizzato da una maggior cooperazione e interdipendenza col cantiere legata alla specializzazione e differenziazione delle competenze”.

Dal ”focus” emerge inoltre la preoccupazione degli imprenditori per le prospettive future di un primato competitivo italiano messo in discussione dal crollo degli ordinativi, dal fallimento di molte piccole realtà aziendali anche di eccellenza nell’accessoristica, produzione degli scafi, nelle lavorazioni specializzate di falegnameria, nonché per le difficoltà di ordine finanziario nell’investire in nuovi processi d’innovazione. A fare paura sono anche i mercati emergenti come Cina, India e Corea che operano in condizioni salariali e lavorative molto diverse (salari inferiori. Rapporto 10 a 1) ma anche nazioni con esperienza consolidata come la Turchia che rischiano ora di condizionare le strategie aziendali sul contenimento del costo del lavoro. “Anche in Italia – spiega l’analisi – si sono verificate significative riduzione dei redditi reali e si sono intensificati i processi di auto-sfruttamento. Ne consegue una trasformazione che comporterà, nel medio periodo, l’espulsione dal mercato di moltissime imprese artigiane incapaci di competere ne sui costi, ne sulla qualità. Di contro – spiega l’indagine EU.R.E.S. – si affermeranno le realtà con produzioni altamente specializzate, flessibili e a misura delle esigenze dei singoli clienti”. La nautica, per salvarsi dall’Oriente, dovrà saper investire su innovazione, ricerca, esperienza e professionalità. Infine, l’analisi dell’impatto della crisi sui rapporti tra le imprese svelando la “scollatura tra l’impresa committente che guarda il mercato e le subfornitrici che seguono il committente senza guardare il mercato” e “rafforzando il potere contrattuale delle imprese contrattuale delle imprese committenti e subfornitrici”.