2008 anno critico per l'artigianato toscano
PREVALE IL SEGNO MENO
L'analisi di Trend si allarga: oltre a Arezzo, Grosseto e Siena anche Pisa e Prato Anno critico il 2008 per l’artigianato toscano. Le indicazioni negative che emergono dall’analisi dei dati delle province di Arezzo, Grosseto e Siena sembrano estendersi anche ai casi di Pisa e di Prato.
Il rapporto «Trend» sul secondo semestre ’08 non riserva sorprese rispetto alle indagini che studiano la congiuntura dell’economia toscana ed è in linea con l’andamento dell’artigianato evidenziato dal rapporto congiunturale semestrale dell’Osservatorio Regionale sull’Artigianato.La crisi dell’artigianato nel 2008 si è fatta sentire progressivamente più netta con il correre dell’anno, che si chiude con un -9,5% di volume di affari per le province della Toscana meridionale (variazione del fatturato 2007-2008). La spesa per le retribuzioni, che fino al dicembre 2006 aveva mostrato una tendenza in linea con i ricavi di vendita, pone in luce disallineamenti marcati dovuti alle tensioni nel mercato del lavoro artigiano e allo sforzo costante delle aziende per difendere i minimi guadagni. I consumi delle imprese sono in costante crescita tra la fine del 2007 e durante il 2008, con effetto combinato sul margine operativo che gradualmente si comprime (-10,2% la variazione 2007-2008)La spesa per gli investimenti si contrae del 38% nelle tre province Toscana meridionale (variazione 2008 su 2007).
La sofferenza dell’artigianato toscano nel 2008 è dovuta soprattutto al cattivo andamento del manifatturiero, che incide sul fatturato dell’Area Vasta meridionale per il 37% (media 2005-2008) e ha perso sui consuntivi annuali il 19,5%, con un calo di fatturato di oltre 140 milioni di euro. Gran parte di queste perdite provengono dal comparto manifatturiero di Arezzo e in specie dal settore orafo, purtroppo, in caduta verticale. La contrazione dell’oreficeria aretina è stimabile in ben 128 milioni di euro!Solo Siena presenta un valore positivo nel 2008 (+9,7%), grazie ai fatturati della pelle-calzaturiero e della metalmeccanica. A Grosseto è invece in calo soprattutto il settore alimentare (-3,9 milioni di euro circa).
Gli investimenti nel manifatturiero perdono oltre il 60% rispetto al 2007.Il settore delle costruzioni arretra del 4,9% su base annua a livello interprovinciale aggregato (variazione 2007-2008). La performance discendente delle costruzioni – vista la sua dimensione nella Toscana meridionale – è da prendere molto sul serio, con un meno 42% nel triennio 2005-2008 e una perdita di circa 35,9milioni. Il settore ha risentito della crisi soprattutto ad Arezzo e a Siena, con Grosseto – dove le costruzioni sono il cuore dell’artigianato – in flessione netta con -23,5% di variazione tendenziale del secondo semestre 2008 sul 2007. Malgrado la tendenza preoccupante del secondo semestre 2008, i numeri a livello di esercizio contabile, cioè annuale, indicano le costruzioni ancora in crescita nel grossetano, poste su livelli di fatturato comunque ben lontani da quelli del biennio 2005-2006. Restano quindi gli interrogativi circa la tenuta del comparto, la sostenibilità dell’occupazione, le possibilità di recupero nei tempi del medio periodo. L’artigianato grossetano mostra inoltre un quadro particolarmente deteriorato in vari settori dell’economia (alimentare, trasporti e riparazioni).Luci e ombre nel settore dei servizi, unico comparto a crescere nel 2008. Il consuntivo annuale si assesta su di un +1% su base annua a livello di Toscana meridionale, grazie, in particolare, alle performance di Siena e Arezzo, le quali guadagnano rispettivamente 4,6 e 4,5 milioni di euro (tali guadagni sono imputabili rispettivamente ai settori dei trasporti e dei servizi alle imprese). Questi dati positivi purtroppo sono in parte ridimensionati dal cattivo andamento di Grosseto, che lascia sul terreno 5,5 milioni di euro.
Le province di Pisa e Prato, guardando al IV trimestre del 2008, mostrano – con le cautele imposte dai dati – segnali non incoraggianti.
Pur nella momentanea mancanza di serie storiche contabili per questo rapporto, si nota come Pisa arretri leggermente in termini aggregati a causa della riduzione del settore delle costruzioni, che ha comunque sopravanzato il manifatturiero in termini di numerosità d’imprese.
Prato arretra invece nella sua componente produttiva strategica, ovvero gli investimenti, nel quadro di un manifatturiero tessile che palesa così difficoltà di rilancio a medio termine.
Si tratta di segnali fortemente preoccupanti, se letti sullo sfondo di quanto accade nelle province della Toscana meridionale.
Altre utili informazioni vengono dal calcolo di alcuni rappresentativi indicatori economico-aziendali costruiti a partire dai «bilanci-somma», che danno conto di differenze anche sensibili tra le economie artigiane provinciali; differenze che nell’uscita dalla crisi possono aprire percorsi di specializzazione funzionale molto interessanti. Ad esempio, l’incidenza dei fattori di costo – retribuzioni e consumi – segnala una forbice tra il valore più alto di Prato e quello più basso di Pisa, interpretabile anche come la differenza fra il peso delle costruzioni a Pisa e del manifatturiero a Prato. Le altre province hanno invece una struttura di costi più omogenea, con riflessi evidenti sui margini operativi. A Prato il MOL è più risicato che nelle province meridionali; mentre a Pisa la marginalità è più elevata in rapporto al fatturato per il minore peso del manifatturiero.
Al contrario, le indicazioni strutturali circa la componente ‘investimenti’ ribaltano quelle sui costi, con Prato al primo posto seguita da Siena, dove gli investimenti sembrano tenere e per questo possono preparare la ripresa in un quadro economico generale molto critico, ma non completamente deteriorato.
I dati del primo semestre 2009 permetteranno di comprendere quali sono i settori più reattivi di ogni economia locale intorno ai quali fare quadrato per riorganizzare e consolidare la produzione e i servizi dell’artigianato e della piccola media impresa in Toscana.
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